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Refik Anadol: la poesia dei dati e le macchine sognanti

di Giulio Raffaele
Refik Anadol

Refik Anadol

Refik Anadol è un artista di origine turca che dedica il suo lavoro alla realizzazione di installazioni pubbliche site-specific. In esse fa uso dell’approccio immersivo, supportato da tecniche di data sculpture e da performance audio-visive.

È un artista che utilizza esplicitamente il porsi e porre domande come metodo di lavoro. Difatti dichiara di adottare tre domande come guida del proprio operato:

  • Come sta cambiando la nostra esperienza dello spazio, adesso che gli oggetti digitali, dagli smartphone agli schermi urbani, hanno colonizzato le nostre vite quotidiane?
  • Le tecnologie media hanno cambiato le nostre concettualizzazioni dello spazio?
  • Come l’architettura ha accolto queste mutevoli significazioni?

Tre domande che lasciano intuire il potenziale della creatività dell’artista, la vastità dell’ambito di ricerca in cui si muove e la numerosità delle opportunità di produzione. Il portfolio artistico di Anadol è intriso, in modo quasi ossessivo, dal senso di queste domande. Mostra, in maniera inequivocabile, il riferimento a una questione fondamentale nei sistemi sociali, economici e culturali di ogni tipo: il rapporto tra gli esseri umani e la tecnologia.

Turchia

Refik Anadol
Refik Anadol: la poesia dei dati e le macchine sognanti – Refik Anadol, “Melting Memories”. Courtesy Refik Anadol

Refik Anadol proviene da un percorso artistico di forte stampo accademico. Grazie ad esso ha sviluppato competenze approfondite sulla realizzazione di opere d’arte basate sull’elaborazione di massicci dataset. Il tutto grazie ad algoritmi di Artificial Intelligence e Machine Learning.

Nel 2014 Anadol ha fondato uno studio artistico a Los Angeles invitando architetti, computer e data scientist, neuroscienziati, musicisti e narratori a collaborare per rispondere a una domanda chiave iniziale: è possibile usare i dati come pigmenti?

L’artista afferma che questo quesito ha spianato la strada alla combinazione tra media art e architettura, per arrivare alla fusione di fisico e digitale.

Questa unione si è manifestata in ciò che Anadol chiama “la poetica dei dati”. Lui la traduce in installazioni pubbliche come “Fluid Structures” (posizionata all’interno di un aeroporto, raffigurante data sculptures basate su dati operativi dell’aeroporto stesso) e “Virtual Depictions” (dislocata in un edificio di San Francisco, rappresentante data sculptures su dati pubblici della città, dati ambientali e di social network). Con queste opere Anadol crea una connessione diretta e in tempo reale tra chi le osserva, tra l’ambiente e le architetture circostanti e l’opera stessa.

Refik Anadol

Refik Anadol
Refik Anadol: la poesia dei dati e le macchine sognanti – Refik Anadol, “Virtual-Depictions”. Courtesy Refik Anadol

Dunque le imponenti creazioni dell’artista spaziano dall’uso di dati pubblici (come, ad esempio, archivi di libri, condizioni del vento e superfici marine, la ricerca di Google su AI quantum supremacy) a dati di stampo personale. Quest’ultimo è il caso di “Melting Memories“. Un lavoro fortemente intimo e commovente in cui Anadol sublima la notizia di uno zio risultato malato di Alzheimer. L’artista ha realizzato un’installazione di data sculpture che utilizza i dati dell’elettroencefalogramma dello zio per mostrare come la memoria non scompaia ma, semplicemente, muti forma nel tempo.

Ed è proprio la memoria, collettiva e individuale, uno dei temi ricorrenti nei lavori di Anadol.

Essa muove la sua poetica, nell’obiettivo di lungo periodo di costruire degli archivi digitali collettivi e interattivi che siano supportati da complessi algoritmi di AI ed ML. 

Tra le innumerevoli domande che animano il lavoro di Refik Anadol, l’artista ne pone due che lasciano quasi sgomenti per la loro potenza. 

Se le macchine possono apprendere o processare memorie di qualcun altro, possono esse anche sognare o avere allucinazioni?

Possono ricordare involontariamente ed effettuare connessioni tra i sogni di persone diverse?

Questi due quesiti sono l’apertura di Refik Anadol sull’infinito potenziale dell’interazione (fusione) tra uomo e macchina.

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