a cura di Elena Barberi e Sara Cavalleri
Nel 1932 Edward Weston, assieme alla nuova compagna e fotografa tedesca Sonya Noskowiak, di cui alcuni nudi sono esposti nella retrospettiva bresciana, entra nel collettivo F/64. Si tratta di un gruppo di fotografi che si rifanno a questo formato, in cui si esaspera la purezza delle forme. L’estetica da loro formulata e teorizzata è che ogni fotografia debba essere perfettamente a fuoco, stampata tramite la tecnica della stampa a contatto ed incorniciata da un cartoncino bianco. Il tema deve rifuggire dalla realtà, pena l’essere considerato uno scatto impuro: ne è esempio il ritratto dell’ala d’uccello.
Museo Santa Giulia Brescia

L’ultima fase della sua carriera è dedicata ai paesaggi naturali che ritrae grazie ai diciassette viaggi permessi dalla prima borsa di studio rilasciata dalla Guggenheim Foundation. Dune, rocce, mare compongono i panorami in mostra nell’ultima parte della retrospettiva presso il Museo di Santa Giulia. Di questa fase curiosa è la foto che ritrae Zabriskie Point: una parte dell’Amargosa Range, situato nella californiana Valle della Morte. A questi scorci si ispirerà nel 1970 il regista Michelangelo Antonioni per la sua celebre pellicola.
Museo Santa Giulia Brescia

Negli ultimi anni della sua esistenza Edward Weston dovrà abbandonare la sua fedele compagna di scatti, una Graflex 8×10, a causa del parkinson. Si dedicherà alla stampa di migliaia di negativi, attività svolta nel suo studio di Carmel, in California, oggi sede del museo e della casa di famiglia.
Il testimone verrà dunque ceduto ai suoi figli.
A questo punto della storia, all’interno della retrospettiva in corso al Museo di Santa Giulia fino al 28 agosto, si assiste ad un netto cambiamento di lay-out: il colore delle pareti delle pareti delle stanze passa da un verde oliva ad un bordeaux, che allude alla seconda sezione dedicata alle nuove generazioni dei Weston. L’idea è quella di far emergere dagli scatti come l’eredità di Edward sia stata fondamentale nella produzione artistica degli eredi, ma sia stata recepita e fatta propria da ognuno di loro, che l’ha utilizzata come materiale costruttivo per elaborare la propria specifica identità artistica.
Cole Weston, che coltiva la fotografia in parallelo alla passione per il teatro, trova la sua strada nell’utilizzo del colore: trasforma i paesaggi in bianco e nero paterni in vedute in cui la cromia rende le forme talmente tridimensionali che sembra di poter toccare gli elementi naturali.
Museo

Il primogenito Brett, l’infante prodigio della famiglia, è quello su cui agisce maggiormente l’influenza paterna, tanto che segue lo stesso percorso di formazione e gli stessi spostamenti del capostipite, fino a trovare la sua cifra stilistica nell’astrattismo, che rende gli elementi ritratti simili a disegni su carta.
E’ invece con la terza generazione, rappresentata da Cara, nipote di Edward e figlia di Cole, che il digitale entra nel mondo dei Weston. La figlia di Cole, nel suo portfolio ricco di temi distanti tra loro che spaziano dai vegetali ai paesaggi, mantiene il proprio singolare approccio: ad un primitivo interesse per un soggetto subentra un lungo momento di contemplazione, che permette di organizzare gli elementi che comporranno la fotografia.
Museo Santa Giulia Brescia

Nel caso dei Weston più che mai si può affermare che “il seme dà buoni frutti”.
Se la narrazione è altamente curata, lo sono pure le scelte museografiche: senza inutili orpelli i singoli scatti sono esposti in due sale in una sequenza ordinata che gode di un’illuminazione puntuale.
Ora, di tutta questa mole di informazioni manualistiche, che cosa rimane al visitatore?
Le fotografie dei Weston chiedono di fermarsi e dedicare loro il tempo necessario alla comprensione. Se l’armonia è di immediato impatto, il riconoscimento dei soggetti, trasfigurati dall’artista in pura forma, richiede tempo e spinge a riflettere sulla bellezza del quotidiano.
La mostra “WESTON. Edward, Brett, Cole, Cara. Una dinastia di fotografi” è anche l’occasione per visitare, con lo stesso biglietto, gli altri eventi del Brescia Photo Festival 2022, allestiti sia all’interno dello stesso complesso di Santa Giulia che in altre sedi espositive. Tra questi si segnalano la retrospettiva su Pasolini e l’esposizione del ritratto di Peggy Guggenheim scattato dall’italiano Gianni Berengo Gardin.