Il legame tra il tema 2025 dell’evento e la fotografia di Daniele Tamagni
Met Gala 2025
Nessuno si aspettava che su uno dei tappeti rossi più famosi del mondo, tra flash e silhouette spettacolari, si facesse strada con così tanta naturalezza l’eleganza esplosiva dei sapeurs congolesi.
Eppure al MET Gala 2025 è andata proprio così.
Durante la serata l’alta moda si è trasformata in una dichiarazione politica di stile che ha celebrato l’identità black attraverso la sartoria. Infatti il tema scelto per l’edizione di quest’anno, “Superfine: Tailoring Black Style”, ha messo al centro la storia, la creatività e la raffinatezza dell’abbigliamento afro discendente con un’attenzione particolare a quei codici visivi che nel corso dei decenni hanno trasformato l’abito in atto di autodeterminazione.
A tale “chiamata all’azione” le star hanno risposto con un tripudio di colori, tagli, dettagli, silhouette ardite e citazioni colte. Ad esempio Janelle Monáe ha indossato un abito decostruito di Thom Browne caratterizzato da un design a metà tra il bianco e il nero, con dettagli a righe e un monocolo, incarnando perfettamente l’estetica del dandyismo nero.
Met Gala 2025

Rihanna ha svelato la sua terza gravidanza indossando un abito su misura di Marc Jacobs, che ha ricevuto ampi consensi per la sua eleganza e aderenza al tema della serata, mentre Colman Domingo, co-presidente dell’evento, ha reso omaggio ad André Leon Talley con un ensemble Valentino composto da un mantello blu e una giacca con motivi che sembravano usciti direttamente da una fotografia di Daniele Tamagni.
Met Gala 2025

Così, tra citazioni più o meno volute e consapevolezza estetica, si inserisce un nome che purtroppo non è ancora mainstream come meriterebbe, ma che ha contribuito a far conoscere alcune particolari tendenze di stile: Daniele Tamagni, appunto, fotografo italiano scomparso prematuramente nel 2017 e autore del libro cult “Gentlemen of Bacongo”. Uno dei primi a rendere globalmente noti i cosiddetti “sapeurs” congolesi.
Ma chi sono davvero questi dandy africani, e perché oggi il mondo della moda li guarda come fonte di ispirazione e resistenza?
I sapeurs, ovvero i membri della SAPE, acronimo per Société des Ambianceurs et des Personnes Élégantes, sono uomini (più raramente donne) che, nei quartieri popolari di Brazzaville e Kinshasa, sfilano per le strade come se fossero passerelle. Il loro stile, elegante fino all’eccesso, colorato, ironico e al tempo stesso rigoroso, affonda le radici nel colonialismo francese e belga, ma ne ribalta i codici.
Indossare un completo impeccabile in un contesto di povertà urbana non è ostentazione ma affermazione identitaria: i sapeurs si abbigliano per rivendicare dignità, gusto e cultura. Ogni gesto e dettaglio, la cravatta, la postura, il modo di camminare, è un vero e proprio atto performativo. E soprattutto è un gesto pacifico: molti sapeurs rifiutano esplicitamente la violenza preferendo la sfida della bellezza. È uno stile che non appartiene a una marca ma a un’etica e che ha conquistato fashion designer, musicisti e artisti ben al di fuori della Repubblica Democratica del Congo.
Congo

Daniele Tamagni, nato a Milano nel 1975, ha studiato storia dell’arte e fotografia formandosi con sguardo da antropologo. La sua carriera si è sviluppata intorno all’indagine delle subculture estetiche e dei movimenti stilistici urbani in Africa e in America Latina, con un’attenzione rara alla complessità dei contesti sociali. L’approccio sempre rispettoso, empatico e brillante, ha ben presto permesso a Tamagni di essere pubblicato da testate come The Guardian, The New York Times e Vogue. Nel 2011 ha inoltre ricevuto il World Press Photo.
Ma è “Gentlemen of Bacongo”, pubblicato nel 2009, il lavoro che lo ha reso davvero iconico. Il libro è un viaggio potente e raffinato all’interno del mondo dei sapeurs: fotografie a cavallo tra editoriali di moda e testimonianze sociali, ritratti intensi in cui l’eleganza è un linguaggio e l’abbigliamento una forma di poesia urbana. Tamagni non ha mai scattato per esotismo. Il suo obiettivo era condividere uno sguardo, distruggere gli stereotipi, mostrare che anche nel cuore dell’Africa postcoloniale lo stile può essere sofisticato, concettuale e soprattutto libero. “Gentlemen of Bacongo” è diventato nel tempo un libro fondamentale per fashion designer, studiosi e artisti, ispirando collezioni e installazioni. Le fotografie, nitide e potenti, catturano il momento in cui l’uomo incontra il mito e la strada diventa scena.
Daniele Tamagni

E proprio per rendere omaggio alla carriera di Tamagni a Milano si è tenuta nel 2024 la grande mostra “Style Is Life – Daniele Tamagni, un’estetica della resistenza”, ospitata a Palazzo Morando. L’esposizione ha ripercorso l’intero percorso poetico dell’artista, dalle fotografie iconiche ai reportage meno noti, rivelando un universo visivo attraversato da ironia, intelligenza e una profonda tensione etica. Un progetto che ha fatto dialogare la moda con la documentazione sociale, il reportage con la fotografia d’arte. Il titolo scelto, Style Is Life, non é stato casuale: per Tamagni lo stile era una forma di esistenza, una lente attraverso cui raccontare la complessità del mondo e dar voce a chi non viene mai raccontato con attenzione e rispetto.
E così il Met Gala 2025, perlomeno negli intenti iniziali, non è stato soltanto un trionfo estetico, né un gioco di richiami stilistici. È stato il riconoscimento globale di un’eredità visiva e culturale che parte dalle strade di Brazzaville e arriva sulle scalinate del Metropolitan Museum, il momento in cui la fotografia di Daniele Tamagni ha smesso di essere un riferimento per pochi ed è diventata una matrice diffusa, collettiva.
È stato, soprattutto, un invito a guardare diversamente: a riconoscere l’eleganza dove non ci si aspetta, a celebrare la dignità attraverso i dettagli, a capire che il futuro della moda e non solo passa da dove per troppo tempo non si è voluto guardare. In quel crocevia di orgoglio, ironia, colore e resistenza che i dandy africani hanno trasformato in uno stile di vita. E che Tamagni, con il suo sguardo lucido e affettuoso, ci ha insegnato ad ascoltare.
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