Intervista all’artista Laura Fantini
Ha lasciato la sua città natale non senza rammarico, trasformando gli USA in una seconda casa dove la sua vena artistica è giunta a fioritura. Non uso a caso questo termine: Laura Fantini ha sempre avuto un occhio di riguardo per la natura.
La sua maggiore fonte di ispirazione sono piante, foglie, fiori, semi che lei riproduce con un stile iperrealistico degno di una fotografia. I suoi tocchi e le sue sfumature fanno davvero impallidire qualsiasi mezzo di riproduzione meccanico aggiungendo poeticità ad un argomento che in maniera sempre più prepotente si palesa nelle nostre vite: il rispetto dell’ambiente.
Gli strumenti di “protesta” che Laura utilizza per chiedere più accortezza nei confronti di madre natura sono matita colorata e cartoncino: la semplicità della materia prima regala al pubblico una presenza sostanziale, ma allo stesso tempo elegante e sofisticata.
Del perché l’artista abbia scelto di concentrarsi su questa particolare tecnica e soggetti ce ne parla lei stessa nelle prossime righe.
Chi è Laura Fantini e come si è avvicinata all’arte?
Mi considero un’artista minimalista, iperrealista, che espone principalmente tra gli Stati Uniti e l’Italia. Sono sempre stata una persona piuttosto timida e riservata e questo mi ha portato ad utilizzare l’arte come mezzo di comunicazione ed espressione fin da quando ero bambina. Mi sono diplomata al Liceo Artistico e all’Accademia di Belle Arti di Bologna e ho avuto modo di esporre alcune delle mie opere al Museo della Permanente di Milano, alla Galleria Forni di Bologna, allo Staten Island Museum di New York, al Museo Nazionale José Malhoa in Portogallo, al Queens Botanical Garden e alla Denise Bibro Fine Arts di New York, tra gli altri.
Puoi descriverci la tua tecnica creativa e soprattutto motivare la scelta di utilizzare quasi esclusivamente le matite colorate per realizzare le opere?
Negli ultimi anni, mi sono concentrata esclusivamente sulle matite colorate e la natura. Mi piace molto rappresentare soggetti singoli, ma che nella loro semplicità sono in grado di creare una composizione completa. Studio a lungo la luce e utilizzo esclusivamente la tecnica della matita colorata perché mi permette di essere estremamente precisa nella mia esecuzione. Inoltre, mi piace molto il contatto mano-matita sul foglio e con molta pazienza, tratteggio dopo tratteggio, ricreo sfumature, profondità, giochi di luci e ombre fino ad ottenere l’effetto desiderato.
Soggetto prediletto dele tue realizzazioni è la natura: come mai?
Sono sempre stata affascinata dalla bellezza e complessità della natura, verso la quale ho sempre avuto un grandissimo rispetto. Comunque, pur trovando molta ispirazione in essa, le mie opere hanno sempre un significato metaforico che va al di là del soggetto raffigurato. I miei fiori, semi o foglie non rappresentano solo la realtà di ciò che disegno, ma sono soprattutto l’interpretazione dei miei stati d’animo e delle mie esperienze. Attraverso l’ultima serie sui semi intitolata Hope, ad esempio, vorrei invitare la gente a rallentare dalla frenesia della vita di tutti i giorni e a riconnettersi con l’ambiente, far capire quanto sia importante ciò che ci circonda, a partire da un piccolo ma preziosissimo seme. Un altro scopo che vorrei ottenere con i miei dettagliati disegni di semi è far comprendere allo spettatore come la matita per un artista possa essere altrettanto potente, così come un piccolo seme in natura.
Cosa ne pensi della tematica del cambiamento climatico e come, secondo te, gli artisti possono sensibilizzare il grande pubblico nei confronti di questo importantissimo argomento?
Penso che sia molto importante sensibilizzare l’opinione pubblica su questo delicato tema che ci riguarda tutti in prima persona. La politica ha le sue responsabilità per fermare questo processo, ma ognuno di noi dovrebbe contribuire: per questo è importante anche il ruolo dell’arte. Gli artisti hanno la possibilità di educare ad una nuova consapevolezza, di sensibilizzare e far riflettere.
Da Bologna a New York: cosa ti ha spinto a scegliere gli Stati Uniti come meta per sviluppare il tuo percorso artistico?
All’inizio è nato tutto un po’ per caso, anche se sono stati i miei interessi che alla fine mi hanno portato ad avvicinarmi al panorama artistico d’Oltreoceano. Ho notato fin da subito una grande sensibilità e attenzione verso la tecnica della matita.
Italy versus abroad: il sistema statunitense supporta maggiormente i giovani creativi rispetto a quello italiano?
Sono due mondi e modi di pensare molto diversi. Credo che la differenza stia soprattutto nelle maggiori possibilità e trasparenza. Personalmente credo che in Italia la più grande difficoltà risieda nel capire come muoversi per trovare la strada giusta. Ad esempio, negli Stati Uniti, trovo utile il fatto che molte istituzioni accettino proposte dagli artisti (sia inerenti a nuovi progetti, sia inerenti a mostre), così come la possibilità di richiedere numerose sovvenzioni. Tutto questo rappresenta un grosso incentivo per un artista che cerca visibilità e vuole portare avanti la propria ricerca artistica.
Il 2022 è stato per te un anno ricco di soddisfazioni: ricordiamo, ad esempio, le esposizioni “Seeds for Tomorrow: Woody Plants of the Arnold Arboretum” presso lo spazio espositivo della Harvard University e “See the Unseen”, presso la Galleria Miller White Fine Arts. Ce ne parli?
La personale “Seeds for Tomorrow: Woody Plants of the Arnold Arboretum” è stata un vero onore per me e un modo per approfondire ancora di più il mio progetto sui semi. L’ Arnold Arboretum è un luogo perfetto, un museo a cielo aperto, per osservare e trovare nuovi soggetti. La mostra, che ha avuto luogo da febbraio a maggio 2022, è avvenuta in concomitanza con il 150° anniversario dell’Arboretum. Ho lavorato su questo progetto per circa due anni e grazie al personale ho potuto ricevere semi anche durante il lockdown, compresi alcuni speciali provenienti da Dana Greenhouses, un’importante struttura per la produzione e la propagazione delle piante, che si trova all’interno dell’arboreto.
Nel frattempo ho cominciato ad organizzare anche la personale “See the Unseen” nella galleria che mi rappresenta a Cape Cod sempre in Massachusetts, programmata per il mese agosto, dove ho potuto continuare il mio progetto sui semi, insieme ad altri lavori appartenenti ad altre serie.
Puoi anticiparci alcuni dei tuoi progetti futuri?
Sicuramente il mio interesse per i semi non si è ancora esaurito. Anzi, grazie anche ad una residency che ho fatto recentemente per Denver Botanic Gardens in Colorado, ho avuto la possibilità di collezionare tanti nuovi ed interessanti soggetti, che in parte ho già disegnato, ma che non vedo l’ora di poter continuare a studiare ed interpretare.
No comment yet, add your voice below!