Vita da gallerista: Marta di Meglio e Up Urban Prospective Factory Up Urban Prospective Factory
Finalmente Art Nomade Milan incontra i professionisti del settore
“Con l’arte non si mangia, soprattutto in Italia”…o forse sì?!
Questo quesito mi tormentava dai tempi dell’università, forse anche da prima. Un primo spiraglio di luce l’avevo intravisto trovando lavoro nel settore culturale: quante cose si scoprono stando dietro alle quinte 😉
L’anno scorso è poi uscito il volume di Paola Dubini “Con la cultura non si mangia: falso!” (Laterza) e così mi sono detta: “ma perché non raccontare le esperienze quotidiane di chi “campa” d’arte?!”
Non i soliti grandi nomi, ma il “sottobosco”: le centinaia di operatori che, giorno dopo giorno, portano avanti la loro “missione”. Perché proprio di “missione” spesse volte, soprattutto in Italia, si tratta.
Non sono però troppo pessimista: il futuro può essere roseo anche nel Bel Paese. Abbiamo o non abbiamo uno dei patrimoni culturali più ricchi al mondo?!
Così ho buttato giù un po’ di nomi, una lista che si arricchisce di pari passo al mio girovagare per mostre e fiere in Italia e non solo. Se poi i soggetti sono donne, ancora meglio ?.
Vita da gallerista: Marta di Meglio e Up Urban Prospective Factory
Quindi, viste le premesse, non potevo non iniziare il giro di interviste dalla Capitale: Roma è una città che, dall’agosto 2019, mi ha davvero rubato il cuore.
Protagonista del primo incontro è Marta Di Meglio, organizzatrice di eventi culturali, curatrice, consulente e responsabile di Up Urban Prospective Factory, spazio nato a Tor Pignattara.
Che dire cari #artlovers…godetevi lo scambio di battute ?
Up Urban Prospective Factory
– Recentemente si è polemizzato sul concetto di “donne belle che devono essere brave a stare un passo indietro” (Amadeus docet…). Vuoi raccontarci chi è Marta Di Meglio e cosa significhi essere galleriste su una piazza come Roma?
Marta Di Meglio è una donna che non riesce a frenare la sua immaginazione. Per me questo lavoro è vera passione: se ho un’ora di tempo libero scrivo o immagino un nuovo progetto. Roma è una piazza importante, piena di persone dinamiche. Il mio ruolo di gallerista lo immagino e lo vivo come un “ponte” che mette in comunicazione luoghi e persone, realtà apparentemente lontane. Fin dall’inizio ho inteso il mio status nell’arte come possibilità: la possibilità di avvicinare i non addetti ai lavori, le persone comuni, gli uomini e le donne della strada alla cultura.
– Dall’arte urbana ad una galleria, quale è stato il percorso? Up Urban Prospective Factory
Il percorso è stato molto naturale, perché non lavoriamo per nessuno. Gli stessi contenuti e valori che ci animano quando creiamo eventi e progetti sociali li riportiamo all’interno del nostro spazio. Organizziamo workshop, passeggiate, corsi, laboratori. Abbiamo un dipartimento didattico e stiamo ideando degli appuntamenti per persone con disabilità, in sinergia con realtà che si occupano di queste tematiche quotidianamente.
Up Urban Prospective Factory
Per rispondere alla domanda, però, dovrei dire che dopo l’Università mi sono formata nel mondo dell’arte contemporanea all’interno dell’Archivio del Laboratorio di Restauro del Museo di Capo di Monte. In seguito, grazie al Museo Emblema e a tutta la famiglia Emblema, ho avuto l’onore di partecipare alla redazione del Catalogo Generale dell’artista, imparando il senso della sacralità dell’arte e del suo rapporto con il territorio. Successivamente, in mezzo a mille avventure, mi sono avvicinata all’arte urbana ed alla sua concezione sociale con BlueFlow ed altri progetti legati all’arte di strada in tutte le sue declinazioni, che mi hanno permesso di costruire una base, una squadra, con la quale tuttora collaboriamo e cresciamo. Non a caso dividiamo lo spazio della galleria con Alessandra Carloni, artista e amica instancabile, che non ha certo bisogno di presentazioni.
– Da dove nasce il nome Up Urban Prospective Factory?
Urban Prospective Factory. Lo sappiamo tutti che è un po’ lungo. L’idea è quella di trasmettere la concezione di una galleria che guardi al contesto dell’arte urbana come prospettiva futura del bello, dell’estetica. Al contempo la nostra realtà si è costituita come factory, creando e formando nuovi fruitori dell’arte contemporanea, allargandone il bacino di influenza ed esplorandone il ruolo nella società moderna. Scoviamo nuovi talenti e gli offriamo possibilità, spazi, link.
– Quali difficoltà incontra un’associazione culturale al giorno d’oggi?
La difficoltà è quella che si vive in tutto il terzo settore ed in tutto il panorama culturale: riuscire ad offrire un prodotto di qualità a costo zero dovendo lottare perché il valore del proprio (ed altrui) lavoro venga riconosciuto come tale.
– Legarsi ad un quartiere periferico, Tor Pignattara…ti senti in un certo modo un contributor nella riqualificazione del territorio, nell’ottica di un servizio alla comunità?
Mi piace pensare che la nostra galleria, con tutti i servizi che offriamo, possa essere un modo per avvicinare o riavvicinare le persone all’arte, restituendo alla cultura anche un valore pratico, concreto, comunitario ed aggregativo. Non dimentichiamoci che Tor Pignattara è un quartiere molto ricco a livello culturale: pensiamo alla sua composizione, alla grande densità di studi indipendenti di artisti, grafici, produzioni cinematografiche, gallerie, librerie…
– Non solo mostre d’arte, ma anche laboratori per grandi e piccini, come riesci a conciliare il tutto, compresa la famiglia?!
Vado velocissima!!!…E mi circondo di persone velocissime!
– Ringraziandoti per il tempo che mi hai concesso, per la tua disponibilità e simpatia ti chiedo di svelarmi un “segreto”…: i tuoi progetti futuri?! Up Urban Prospective Factory
Conquistare il mondo!…Se proprio non ci riuscissi, mi piacerebbe aprire uno spazio, una galleria più grande, polifunzionale, un museo: un luogo che possa essere di formazione, ma anche d’incontro e di scambio con la realtà circostante.
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